“Treccani” – un tuffo nell’indie rock con il disco di debutto del trio monzese
In circolazione da circa un anno,” Treccani” , album d’esordio del gruppo brianzolo, inizia con “Tagliagole”, un brano di rock tagliente e rumoroso, ottimo biglietto da visita per illustrare le linee guida del progetto artistico di questo trio monzese che gioca a parafrasare il nome della nota enciclopedia ed a proporre la filosofia della perdita di identità nascondendo i propri visi dietro maschere che raffigurano il viso di un cane (ed ovviamente da qui il nome). “Acquasantiere” vira verso suoni più distorti sviluppandosi seguendo le orme dell’indie rock italiano con echi dei C.S.I., idoli della generazione precedente. “Il mulo che comanda” è rock granitico mentre la successiva “Ircocervo” si muove lungo i binari più convenzionali del rock alternativo internazionale: molto accattivante il duello basso batteria che contraddistingue l’intro. Ritmi velocizzati per “Kanyon per il Pentagono”, brano che immaginiamo abbia tutte le qualità per radunare sotto il palco (quando sarà di nuovo possibile) i giovani fans della band. A “Rohingya” è affidato il compito di chiudere le danze: una ruvida ballata rock con spunti di psichedelia che si mescolano con sonorità più hard.
Abbiamo lasciato per ultimo “La morte” una cover di uno dei primi brani di Fabrizio de Andrè “riscritto” in chiave rock con un finale quasi punk che ci sembra da catalogare tra gli episodi migliori di questo Ep.
Se amate l’indie rock questo disco vi terrà compagnia per parecchio tempo. E’ ormai molto difficile trovare nuove sonorità : i Treccani shakerano le varie forme in cui si è espresso il rock negli ultimi 20 anni (e forse anche qualcuno in più) per fornirvi un drink di qualità che nessun altro barista riuscirà a prepararvi.
Nei giorni scorsi ci siamo fatti raccontare dal gruppo com’è nato ed i progetti della band. Qui di seguito la nostra intervista
D : I Treccani nascono come sviluppo di una precedente esperienza e scelgono di mascherarsi come tratto caratteristico della band. Come si è arrivati a questa trasformazione e quale significato attribuite alla scelta della maschera di un cane ?
R : Nel 2015, con lo scioglimento della Sindrome della Morte improvvisa, ci siamo trovati di fronte ad un dilemma: “andare avanti a fare musica insieme o dedicarci ad altri progetti?”. Avevamo in sospeso un’idea di futuro per la Sindrome ma volevamo cambiare le nostre figure in ciò che stava nascendo; perdere un’identità che già avevamo. Così abbiamo pensato alle maschere.
“Perchè i cani?” – per il nome del gruppo e per la scoperta del collettivo inglese WINTERCROFT (padre delle nostre maschere).
Il significato non è attribuibile alla figura del cane. Il significato sta nella maschera: la perdita di identità.
D : Quali gruppi vi hanno maggiormente influenzato nella composizione di questo Ep ?
R : La maggior parte della scena indipendente italiana degli anni 90 e primi 2000 (CSI, Marlene kuntz, Verdena, Afterhours) con uno sguardo rivolto allo stoner oltreoceano (Qeens Of The Stone Age).
D : La scelta di cantare in italiano è nata dall’esigenza di comunicare tematiche precise ?
R : I testi sono una parte fondamentale del nostro progetto.
L’italiano è quello che arriva veloce e diretto all’orecchio. I temi sono rivolti alla critica sociale non sempre diretta, ma piuttosto velata, sotto la ricerca della parola e dell’immagine.
D : Tra i brani del vostro Ep ho apprezzato molto la cover della canzone “La morte” di De Andrè. Pur mantenendone la struttura di base siete riusciti a “riscrivere” buona parte del brano in modo decisamente originale. Com’è avvenuta la scelta di questa canzone ?
R : L’avevamo composta per una piccola serata dedicata a De André tanto tempo fa.
È breve, con un testo che colpisce -quale di De André non lo fa?- , poco conosciuta e con un significato profondo; legame perfetto che ha portato “La Morte” ad essere uno dei nostri cavalli di battaglia.
D : Ascoltando il vostro Ep si avverte la presenza di altri musicisti a sostegno del trio.
La versione live della vostra musica come si presenta ? Invitate ospiti sul palco ?
R : Quando è possibile ci piace invitare sul palco i musicisti che hanno collaborato con noi nell’EP. Ci piace dare possibilità ai nostri amici di esprimersi in maniera libera all’interno del progetto: con lo strumento, con la voce, con i gesti.
D : Dalla vostra biografia si legge che svolgete collaborazioni non solo musicali ma anche video e fotografiche con altri artisti. Considerate tutto come un unico progetto o da queste collaborazioni sono derivati progetti specifici ed unici ?
R : Ci piace moltissimo l’idea di poter creare un collettivo dove ognuno mette la sua propria arte/capacità per rendere i Treccani un tutt’uno tra musica, arte, fotografia, video. Per questo si è creato un bel “branco” dove ognuno può esprimersi, dove ognuno rappresenta i Treccani e i Treccani sono ognuno di noi.
D : Domanda d’obbligo in questo periodo : come vedete il futuro della scena musicale in un tempo relativamente breve ? Che ne pensate dei live da casa propria o dei webinair ?
R : Sarà lunga ma ripartirà anche la musica. Sarà protetta e piena di soluzioni idro-alcoliche. Sarà come sarà, ma è triste immaginarla senza pubblico.
Aspetteremo con pazienza il ritorno dei concerti, del pogo, del sudore in sala, della fila al bagno (ma poi c’è qualcuno che vomita), dei molestatori sbronzi, accattoni di sigarette (come siamo anche noi), di addormentarsi sul prato e guardare il palco da lontano, cornetto free Algida.
Sicuramente il covid ha cambiato il nostro mondo.
D : Ci consigliate qualche disco che avete ascoltato durante questo periodo di quarantena ?
R : Dell’impero e delle Tenebre – Il Teatro degli Orrori e i “The world is a beautiful place and I am no longer afraid to die” . È davvero il nome della band:) 🙂 Un po’ di ambient elettronico come Brian Eno, Alva Noto e Sakamoto, Aphex Twin, Sigur ros,un vero regno degli ansiolitici 😉 e la Coffin Dance.
Per ascoltare il disco presente sulle principali piattaforme collegatevi a questo link https://linktr.ee/treccani
Carlo Pulici